24 Febbraio 2025

Vincent Lemire : “Un museo inscritto negli otto secoli di storia della città vecchia”

di JEANNE AMIGUES

Vincent Lemire, autore del fumetto Storia di Gerusalemme (Les Arènes 2022), già tradotto in 12 lingue è uno storico specializzato nella storia del Medio Oriente e in particolare di Gerusalemme. Gli abbiamo chiesto darci il suo punto di vista sul “Terra Sancta Museum Art & History” per aiutarci a capire le sfide contemporanee che lo circondano in vista della sua apertura.

Ritratto di Vincent Lemire (credito fotografico: ©Philippe Matsas)

Il Terra Sancta Museum Art & History prende vita nel cuore della città vecchia di Gerusalemme, in quale contesto geopolitico vede la luce?

“Il conflitto è attualmente molto presente a Gaza, in Cisgiordania e al confine libanese. Ma Gerusalemme rimane una questione centrale, come ci ricordano i regolari scontri che vi avvengono. Gerusalemme è una città paradossale per Israele, che la rivendica come sua capitale esclusiva e indivisibile. Nel 1967, il 25% della popolazione di Gerusalemme era palestinese, mentre oggi quella cifra è salita al 40%. Se ci concentriamo sulla Città Vecchia, che presto ospiterà il Terra Sancta Museum Art & History, vediamo che quasi il 90% dei suoi abitanti non sono israeliani ebrei. Il progetto del museo si inserisce quindi in un contesto di grande diversità culturale, religiosa e linguistica.”

La Città Vecchia di Gerusalemme dall’alto (credito fotografico: ©Nadim Asfour/CTS

Oltre il conflitto territoriale, possiamo parlare di una guerra di narrazioni? Quale ruolo gioca la cultura?

“Ci sono infatti due tipi di narrazione. Da parte israeliana, si predilige un discorso di vittoria e conquista, mentre da parte palestinese prevale un discorso di vittimismo. In un certo senso, questo è logico, ma ci impedisce di percepire informazioni che non rientrano in questa cornice generale, come la resistenza demografica e culturale palestinese a Gerusalemme, in particolare nella Città Vecchia. L’altro fatto importante è che la cultura e il patrimonio stanno giocando un ruolo sempre più decisivo nel conflitto: nello Studio Ovale della Casa Bianca, si discute se parlare della Spianata delle Moschee o del Monte del Tempio. 

Il Kotel nella Città Vecchia (credito fotografico: ©Piergiorgio Pescali/CTS) 
Gruppo di musulmani sulla Spianata delle Moschee (foto: ©Piergiorgio Pescali/CTS)

Da questo punto di vista, le comunità cristiane hanno la responsabilità di costruire ponti tra queste due narrazioni, senza moralismi o paternalismi. A volte uso l’immagine dei fratelli: c’è il figlio maggiore, che è il mondo ebraico; c’è l’ultimo nato, il più giovane, che è la comunità musulmana. E poi, in mezzo, c’è il più giovane, la comunità cristiana, che ha un ruolo fondamentale da svolgere. In questo contesto, la Custodia ha un patrimonio prezioso, in quanto è una delle istituzioni più antiche stabilite nel cuore della città vecchia. Questa sua “anzianità” e la sua profonda integrazione nella storia urbana di Gerusalemme sono le sue caratteristiche più distintive. La storia di Gerusalemme è arricchita da quella della Custodia nel cuore della Città Vecchia, e viceversa”.

Cristiani in preghiera al Santo Sepolcro (foto: ©Marie-Armelle Beaulieu/CTS)

Possiamo dire che stiamo assistendo a un movimento di patrimonializzazione all’interno delle comunità cristiane? Se sì, perché e quali sono le questioni coinvolte?

La patrimonializzazione è il processo attraverso il quale uno spazio si trasforma in un oggetto del patrimonio naturale, culturale, religioso, politico o economico degno di essere conservato e restaurato. “I luoghi santi di Gerusalemme sono un caso esemplare per decostruire una certa “autoevidenza del patrimonio” e per comprendere che il patrimonio è soprattutto il risultato di un investimento sociale, culturale, politico e religioso, in altre parole, in ultima analisi, di un processo di patrimonializzazione. La patrimonializzazione delle comunità cristiane solleva tre questioni principali. La prima questione è legata allo spazio e alla geografia: è importante valorizzare il proprio patrimonio per legittimare il possesso delle proprie proprietà terriere. La seconda sfida riguarda il tempo e la storia: la Custodia deve raccontare la propria storia per sottolinearne l’antichità e distinguersi dalle altre istituzioni cattoliche della città. La terza e ultima sfida, a mio avviso, è superare questa competizione spaziale e storica per adottare un approccio più collaborativo e inclusivo, valorizzando le diverse narrazioni e tradizioni che coesistono a Gerusalemme.

Sono assolutamente convinto che il Museo della Custodia diventerà così un attore chiave nella vita culturale di Gerusalemme. Per raggiungere questo obiettivo, il museo deve abbracciare la lunga storia della Custodia e riflettere la diversità culturale di Gerusalemme. Il museo dovrà parlare quante più lingue possibili, senza essere introspettivo o esclusivo, come ci ricorda la tradizione della Pentecoste.”

La città vecchia di Gerusalemme vista dal Monte degli Ulivi (foto: ©Piergiorgio Pescali/CTS)
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