Quando le collezioni della Custodia attirano studenti stranieri
TERRASANCTAMUSEUM/INTERVISTA. Grazie ad una esperienza di volontariato presso l’Ufficio dei Beni Culturali di Terra Santa, Carlotta Schiavon, studentessa di Storia dell’Arte, ha scoperto il patrimonio unico dei calici di Nazareth. Al suo ritorno in Italia, ha scelto di dedicarvi la sua tesi. Ecco la sua storia.
Carlotta Schiavon è laureata in Economia e Gestione dei Beni Culturali all’Università Cà Foscari di Venezia. Studentessa in Storia dell’Arte all’Università di Verona e Trento, ha scritto la sua tesi su “La catalogazione in Terra Santa – Storia dei calici nazareni”.
Alla fine dei tuoi studi, avevi la possibilità di fare un tirocinio valorizzando l’aspetto culturale di un’ organizzazione. Perché hai scelto la Custodia di Terra Santa?
Durante il mio primo anno di specializzazione in Arte, l’Università mi aveva proposto di partecipare a un corso di formazione in catalogazione. Dopo aver terminato il corso, i partecipanti sono stati invitati a seguire un tirocinio di catalogazione per l’Ufficio dei Beni Culturali della Custodia di Terra Santa.
Quali erano i compiti a te affidati durante il tuo volontariato presso l’Ufficio dei Beni Culturali della Custodia?
Da Gennaio ad Aprile 2018, sono stata a Gerusalemme per schedare gli oggetti d’arte che appartengono alla Custodia. Ero principalmente coinvolta nell’inventario dei beni del santuario dell’Annunciazione di Nazareth.
Quando hai scoperto l’esistenza dei calici di Nazareth?
Al mio ritorno in Italia, desideravo approfondire la storia dei numerosi oggetti scoperti qui, che non avevo affrontato durante la mia formazione di studi. Volevo offrire un mio contributo, seppur modesto, alla realtà che mi aveva ospitato e desideravo potesse essere condiviso. Volevo presentarmi non solo come un’ ospite, ma come collaboratrice di un progetto di catalogazione di oggetti liturgici e sacri.
È in quel momento che ho deciso di scrivere la mia tesi sui calici di Nazareth. La Terra Santa, grazie ai suoi numerosi santuari, ne possiede più di 400 e di diversi periodi (dal XVI secolo fino ai nostri giorni) provenienti da luoghi diversi: italiani, in particolare napoletani e veneziani, ma anche spagnoli, tedeschi, russi, e cosi via. Nel corso del tempo, numerosi orafi li hanno analizzati attraverso i loro marchi che permettono di identificare il periodo di realizzazione e la provenienza geografica.
Dopo la conclusione della mia esperienza in Terra Santa, dove mi sono sforzata di riconoscerli e descriverli, mi sono concentrata sulla tradizione dei calici conservati a Nazareth, di cui c’è ancora molto da scoprire, in particolare sul piano iconologico e iconografico.
Studiando questi calici, hai scoperto delle informazioni che hanno illuminato la storia di questi oggetti sacri?
Il mio studio si concentra sulla storia della catalogazione degli oggetti. Gli studiosi dei calici che lavorano per la Custodia stanno già analizzando i marchi e gli aspetti artistici e tra i più importanti si devono ricordare tre calici in argento, due dei quali sono originari di Napoli e Palermo e risalgono al 1756, mentre il terzo fu donato dall’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe nel 1869. Ritracciare la loro storia invece è complesso, poiché i soli documenti a disposizione sono gli inventari del XVIII e del XIX secolo, i quali hanno censito gli oggetti donati alla Terra Santa fino ad allora. A tal proposito, gli Atti della Custodia dimostrano l’importanza degli archvi storici della realtà francescana.
Il lavoro da fare per i beni custoditi durante 800 anni dalla Custodia di Terra Santa è ancora imponente, ma è interessante per me poter lavorare su questi inventari, che costituiscono una testimonianza preziosa di ciò che è conservato a Nazareth.