La Torre Antonia e il Pretorio

Tra tradizione e archeologia

Da nove secoli  il punto di partenza della Via Dolorosa a Gerusalemme, il pretorio di Pilato o luogo della Condanna di Gesù, è segnalato nella presente posizione presso l’angolo nordovest della spianata delle moschee. È la Prima Stazione della Via Crucis, dove una roccia elevata ed ampia faceva da fondamento ad una fortezza erodiana, la Torre Antonia, così chiamata dallo storico ebreo Giuseppe Flavio (Guerra giudaica, V,4,2).

La ricerca archeologica moderna non è in grado di identificarne i resti monumentali. Anche la ricerca storica non è capace definire con certezza a quale luogo si riferiscano i Vangeli come Pretorio (Mt 27,27; Mc 14,16; Gv 18,28.33; 19,9). Non sono pochi gli studiosi che vi vorrebbero riconoscere la reggia superiore di Erode (situata nei pressi della attuale Cittadella) dal momento che i funzionari Romani ebbero spesso a sceglierla come sede di giudizio. Così, per esempio, nel caso di Gessio Floro (64-66 dC) che in una occasione vi fece comparire davanti a sé, sottoporre alla flagellazione e poi crocifiggere, un buon numero di persone (G. Flavio, Guerra giudaica, II,14,9).

La tradizione cristiana antica, ricostruibile sulla base delle testimonianze dei pellegrini dei primi secoli, non favorisce però l’identificazione del Pretorio di Pilato con il palazzo di Erode. Questo infatti si trova edificato sulla sommità della collina occidentale, mentre tutte le informazioni che possediamo ci indirizzano piuttosto verso un luogo situato “in basso nella valle” (Anonimo di Bordeaux, Itinerario, 593), un luogo forse non troppo lontano dal Muro del Pianto. È questa l’area assegnata alla reggia degli Asmonei, i predecessori di Erode il Grande (G. Flavio, Guerra giudaica, II,16,3). Sotto gli imperatori di Bisanzio vi era posta una chiesa dedicata alla divina Sapienza (“Santa Sofia”). Diverse reliquie vi si offrivano alla devozione dei pellegrini. Scomparsa la chiesa nella devastazione della città durante la guerra persiana del 614 dC, alcune delle memorie furono ricollocate nella chiesa del Sion dove già si trovavano altre reliquie legate alla passione del Signore. Né del palazzo degli Asmonei né della chiesa di Santa Sofia è stato a tutt’oggi ritrovato alcun resto.

Il complesso delle memorie attuali nell’area dell’Antonia si forma a partire dalla seconda metà del XII secolo. Forse all’origine del cambiamento può essere stata la cultura storica presente nel ceto clericale che costituiva i ranghi dei Canonici Templari. Il loro monastero era infatti  situato nell’area nord della spianata, dove ancora oggi troviamo in venerazione presso i musulmani un “Trono di Issa (Gesù)”. A quel tempo le porte occidentali dell’edificio, da dove la strada si dirigeva verso il S. Sepolcro, ricevettero il nome di “Porte Dolorose”. Una cappella dedicata alla Coronazione di Spine, detta anche “del Riposo” di Gesù, continuò ad esistere nell’area dell’Antonia fino al terremoto del 1927, con capitelli istoriati di epoca crociata, ora al Museo Islamico.

La Chiesa della Flagellazione, restaurata da Barluzzi nel 1929, e forse anche quella della Condanna, ricostruita da fra Vendelino nel 1904, sono testimonianze che ci parlano anch’esse di quest’epoca. Si aggiunsero in seguito altre memorie che integrarono il panorama della “Via Captivitatis” (la prigionia) con quello della “Via Crucis” (la passione): le case dei Sommi Sacerdoti, Anna e Caifa, nel XIII secolo, erano collocate non tanto lontano da quella di Pilato. Nel XIV secolo troviamo anche la casa di Erode (Antipa), è menzionato l’arco dell’“Ecce Homo”, una nuova chiesa segnala lo “Spasmo della Vergine”. Poi vengono le altre stazioni. Mentre nuove memorie spuntavano e altre svanivano nell’oblio, e per altre venivano cercate sempre nuove collocazioni, si andava formando a poco a poco lo schema attuale delle quattordici stazioni della Via Crucis, in concomitanza con la sviluppo della medesima devozione nei paesi cristiani europei.

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