La nuova ala Saller al complesso della Flagellazione
Per la fine dell’anno è prevista l’apertura di una nuova ala museale all’interno del complesso della Flagellazione. Abbiamo incontrato l’archeologa Daniela Massara, curatrice del museo, per descriverci la nuova Ala Saller e per raccontarci i lavori.
Cos’è l’Ala Saller e perché questo nome?
Daniela Massara: L’Ala Saller è l’ala che custodirà le sale principali del museo, dove presenteremo i reperti degli scavi archeologici condotti dai frati francescani. Queste sale costituiscono un percorso attraverso i luoghi santi. È dedicata a Padre Silvester Saller, primo direttore del museo presso la sede della Flagellazione e archeologo francescano con un’alta formazione specifica in questo campo.
Perché si è sentita la necessità di una seconda ala e quali sono le sue specificità, rispetto all’ala già aperta?
L’ultima ala che andiamo ad aprire al pubblico è in realtà lo spazio più antico del museo: prima del restauro gli spazi del museo erano concentrati in un grande salone suddiviso in piccole sale. I luoghi che adesso il visitatore può vedere, dedicati al nuovo testamento, sono ambienti restaurati ma che prima del rinnovamento del museo erano destinati ad altri scopi (laboratorio di restauro, spazio per l’accoglienza di ospiti, ecc). Ed erano anche coperti da intonaco, perciò erano impiegati anche visivamente come ambienti moderni e la loro faccia antica non si vedeva più. Quindi quest’ala, dedicata al Nuovo Testamento e alla vita quotidiana al tempo di Gesù, è una novità.
E contemporaneamente riapriamo, sotto una nuova forma, anche lo spazio più vecchio, precedentemente allestito da padre Michele Piccirillo. È lui che ha pensato ad un percorso topografico, in cui i materiali potessero essere distribuiti secondo tempi e contesti di rinvenimento. Alle sale tradizionali aggiungiamo ora anche alcune novità, come quella dedicata al Santo Sepolcro, e avendo raddoppiato lo spazio, creando un secondo piano prima inesistente, concentreremo lì le collezioni.
Cosa avrà di unico questo museo, rispetto ad altri presenti a Gerusalemme?
Sicuramente la sala dedicata alla vita quotidiana al tempo di Gesù, perché custodisce una serie di oggetti strettamente legati ai Vangeli e che rappresentano con certezza l’immagine di quotidianità che possiamo riscontrare leggendo i Vangeli.
Un altro aspetto unico è il viaggio attraverso i luoghi santi, viaggio fatto non geograficamente ma attraverso gli oggetti esposti. Qui ci sono materiali di scavi archeologici che non sono visibili altrove. Ad esempio, i reperti del villaggio di Cafarnao sono visibili solo nel nostro museo.
Nel tuo lavoro di curatrice, quali difficoltà hai riscontrato in questo cantiere?
Indubbiamente una difficoltà è rappresentata dallo spazio, poiché essendo un museo all’interno di un complesso, quello della Flagellazione, che a sua volta è all’interno della Città Vecchia, la ristrettezza degli spazi è evidente. Questo, ad esempio, ci ha portato a spostare tutti i materiali all’interno di un magazzino. Il che implica non avere costantemente sottomano i materiali.
D’altra parte, questa lontananza dal materiale permette di concentrarsi di più sullo studio, prima di andare a verificare le informazioni sull’oggetto.
Cosa è stato importante per te nel corso di questo lavoro?
Come curatrice lavoro in un team. Le idee che abbiamo raccolto insieme sono la cornice che mi ha permesso di lavorare. Il lavoro di equipe e la comunicazione tra persone con competenze diverse sono essenziali. E in questo dialogo si cresce. Ad esempio, ho capito quanto la necessità di riuscire a distinguere tra cosa è importante da un punto di vista scientifico e cosa è necessario comunicare. Una pentola può sembrare un oggetto di poco valore, ma diventa rilevante quando si comprende che è stata trovata negli strati della vita di Cristo all’interno della casa ritenuta di Pietro.
Abbiamo selezionato oggetti già scelti da padre Piccirillo, facendo attenzione a comunicare qualche cosa che era stata trascurata in precedenza. Poi c’è l’aspetto delle didascalie del museo, che abbiamo deciso di scrivere solo in inglese, perché avere quattro lingue può essere visivamente impegnativo.
Quali sono le previsioni di apertura del museo?
La prospettiva è quella di aprire passo per passo le sale al pubblico. E i tempi dipendono dalla concretezza dei lavori e dalle spese ad esso legate, per la realizzazione del mobilio, la pannellistica, le spese di missione del personale. E i pezzi da pulire sono ancora tanti, centinaia, il che richiede almeno altre due missioni da parte dei restauratori. La pandemia ha rallentato i lavori, che sono stati bloccati per quasi due anni.
Speriamo che tra tre anni il museo sia concluso. Ci piacerebbe poter avere una inaugurazione unica di tutto il museo, anche con la sezione storica.