La base di colonna adrianea: dalla Basilica del Santo Sepolcro al Terra Sancta Museum
Fino a ottobre 2022 chi avesse posato lo sguardo nella penombra della navata nord della basilica del S. Sepolcro (zona detta degli “Archi della Vergine”) avrebbe certamente notato un resto monumentale di colonna, molto rovinato, tutto coperto da cima a fondo di graffiti, tracciati a penna, a pennarello indelebile, e addirittura…rossetto per labbra! Graffiti recenti, concomitanti perlopiù col turismo di massa dell’ultimo decennio.
Di cosa si tratta?
Una “base attica con piedistallo”: l’elemento che, in architettura classica, sostiene il fusto della colonna. La base in questione proviene dal colonnato della “Rotonda” o “Anastasis” (“Resurrezione” in greco), il celebre edificio paleocristiano a pianta centrale con cupola, costruito nel IV secolo d.C. attorno alla Tomba venerata di Cristo.
Qual è la storia della sua scoperta? Qual è la sua nuova collocazione da ottobre 2022?
La scoperta della base avvenne nei primi mesi del 1967, quando i grandi restauri delle murature della basilica del Santo Sepolcro, intrapresi dalle Tre Comunità (Greco-Ortodossa, Latina e Armena), giunsero alla fase più delicata: i pilastri della Rotonda. Tutte le murature della basilica, infatti, andavano esaminate, spogliate, studiate, restaurate. Il lavoro iniziò dai tre pilastri dei Latini, ovvero la zona nord-est, di proprietà della Custodia di Terra Santa. Sotto la muratura di rivestimento riappariva, a poco a poco, il circuito antico, secondo il progetto degli architetti del IV secolo d.C. per la realizzazione della cupola: l’alternanza di una coppia di pilastri ogni tre colonne, per raggiungere in totale sei pilastri e dodici colonne. Se la pianta della Rotonda riappariva nel suo aspetto originario, così non era per l’intero elevato dei pilastri e del colonnato della Rotonda: solo ai livelli più bassi conservava i pilastri di IV secolo e, molto raramente, i pezzi originari del colonnato al loro posto; per la parte alta e la galleria, invece, emergeva la fase del restauro medievale (XI secolo d.C.), per far fronte alla distruzione perpetrata dal califfo Al-Hakim (1009 d.C.).
La parte meglio conservata si rivelò, però, quella dei Latini, ovvero della Custodia di Terra Santa. Si trattava di due antiche basi del colonnato di IV secolo: una, leggermente più grande e senza croci, appariva nella posizione e nella forma più originaria; l’altra, con una coppia di croci scolpite sui lati, fu forse rilavorata in epoche successive. La prima di queste è il soggetto di questo articolo. Le basi reggevano monumentali rocchi di colonna, reggenti rispettivi capitelli corinzi: i capitelli e una colonna furono messi in salvo.
Quali sono gli altri elementi ad oggi in possesso della Custodia di Terra Santa?
Di fronte alla Tomba, l’arco absidale di XI secolo era sostenuto da una colonna angolare su ogni lato, formata da un patchwork di elementi più antichi, riutilizzati e assemblati in maniera originale per questo arco. Si tratta in particolare di due rocchi monumentali di colonna, facenti da piedistallo a due colonne angolari geminate (anche dette “a cuore”), con rispettivi capitelli “a foglie d’acanto mosse dal vento”, sormontati a loro volta da due capitelli con monogrammi dell’imperatore Maurizio (582-602 d.C.) e della sua famiglia: la moglie Costantina e i figli Tiberio e Teodosio.
Tutti questi elementi erano talmente in rovina, per incendi e terremoti, da renderne impossibile il ripristino: gli antichi resti della Rotonda dovevano essere rimpiazzati. Le Tre Comunità si accordarono allora per una sostituzione integrale con copie. Ciascun proprietario avrebbe deciso la destinazione degli antichi elementi architettonici e gestito l’eventuale trasporto in altra sede.
La Custodia di Terra Santa, proprietaria dei pezzi meglio conservati, ne affidò lo studio ai padri C. Coüasnon, domenicano, e V.C. Corbo, francescano, e ne eseguì la rimozione negli anni 1971-72. Durante le operazioni di smontaggio, alcuni di essi, già molto compromessi, si frantumarono irrimediabilmente: non sono quindi giunti fino a noi, se non attraverso foto d’archivio. I capitelli meglio conservati, e dalle dimensioni più ridotte, furono subito trasportati nel Museo Archeologico dello Studium Biblicum Franciscanum: i due capitelli dell’imperatore Maurizio e i frammenti dei due capitelli angolari “con foglie d’acanto mosse dal vento”. Quasi tutti gli altri frammenti superstiti, a motivo della loro grandezza e dello stato di conservazione non ottimale, furono trasferiti nel giardino del convento del Getsemani, dove sono rimasti per cinquant’anni. Fece eccezione la base attica con piedistallo – la nostra protagonista – rimasta in Basilica fino all’ottobre 2022, non molto lontana dal luogo della sua scoperta. Grazie alle nostre ricerche è stato possibile identificarne la provenienza esatta dal colonnato nella proprietà dei Latini.
Perché la Custodia ha portato in salvo tutti i pezzi tranne la base attica?
La spiegazione più probabile è duplice: da un lato l’improvvisa morte del padre C. Coüasnon (12 novembre 1976), dall’altro le eccezionali dimensioni. Questi presupposti verosimilmente determinarono l’abbandono dell’impresa.
Com’è stato eseguito il trasporto al museo archeologico?
Trascorsi ormai più di cinquant’anni dalla riscoperta e dal trasporto in luoghi diversi (pochi in Museo, la maggior parte al Getsemani, uno rimasto in basilica), era giunta l’ora di riunirli in un solo luogo, per meglio preservarli, studiarli e presentarli.
A permettere questa impresa è stata la felice coincidenza del grande progetto di riallestimento del museo archeologico (ora parte del Terra Sancta Museum): la nuova sala dedicata al Santo Sepolcro è stata pensata e modellata proprio per accogliere i preziosi resti della Rotonda.
Il trasporto dal Getsemani dei frammenti di colonna (3,6 tonnellate circa per frammento) e dei due capitelli colossali (2 tonnellate circa ciascuno) è avvenuto dal 9 al 15 giugno 2022. Mentre il trasferimento più difficoltoso, quello della base con piedistallo, ha richiesto una pianificazione più lunga: erano necessarie misurazioni esatte da parte nostra e dell’Ufficio Tecnico della Custodia. Realizzata in mizzi hilu, una pietra locale in una varietà dal colore rosa-rossastro, la previsione del suo peso era di circa 7 tonnellate, ma l’impresa era fattibile: la base era frammentata in tre parti, il che ne rendeva più agevole il trasporto , da farsi almeno in due fasi (le giornate del 18 e 19 ottobre 2022), con un peso massimo di 3,5 tonnellate ad operazione. Una volta effettuati i calcoli dei vettori di forza, è stata realizzata nel piazzale antistante la basilica una rampa apposita. Il frammento superiore non dava particolari problemi: sarebbe passato agevolmente attraverso la piccola porta del piazzale. Più complesso invece appariva il passaggio del frammento inferiore: con lato di 153 cm, ma ingombro minimo di 137,5 cm se ruotato di 60 gradi rispetto al lato, poteva passare da una porta di 140 cm, a patto di controllarne la posizione al millimetro.
A trasporto ultimato, si è proceduto al restauro e consolidamento: dei graffiti contemporanei è stata lasciata solo qualche testimonianza.
Finalmente riuniti in un solo luogo, gli elementi architettonici della Rotonda attendono di essere presentati ufficialmente al pubblico. Nel frattempo, siamo impegnati nel loro studio. Allo stato attuale della ricerca, per le analisi e le misurazioni da noi effettuate, sembra sempre più probabile l’ipotesi formulata a suo tempo da padre V.C. Corbo, ovvero il riuso nel IV secolo di basi e fusti di colonna di una fase romana precedente. Sono molte, infatti, le caratteristiche che lo collocano nella fase di “Aelia Capitolina” (al tempo dell’imperatore Adriano, II sec d.C.): monumentalità delle dimensioni, finezza della realizzazione, somiglianza con strutture di quell’epoca.
Si è trovata traccia di un tentativo di restauro moderno, non andato a buon fine, negli anni ’70 del secolo scorso: l’inserimento di un perno. La Custodia deve aver ben presto desistito nell’impresa, viste le condizioni del pezzo. Il foro per il perno, abbozzato ma non finito, si trova solo nel frammento inferiore mentre non ce n’è traccia nel frammento superiore. Le dimensioni del foro seguono il sistema metrico decimale (9x7x3 cm) con l’indicazione dei vertici tracciata a matita: una guida per lo scalpellino.
Come in altre occasioni, fondamentale è stata la donazione di un privato per coprire le spese di trasporto e restauro. A lui, a proTerraSancta e a tutti coloro che sostengono l’archeologia dei Luoghi Santi va il nostro più vivo ringraziamento.