28 Gennaio 2022

Il capitello georgiano di San Salvatore: una nuova testimonianza della storia della sede della Custodia di Terra Santa

di OLIVIER RENARD

Il mese di luglio 2021 segnerà senza alcun dubbio la storia della costruzione del Terra Sancta Museum. Mentre i lavori strutturali continuano nella futura sede della sezione storica del museo sono stati rinvenuti resti medievali all’interno delle murature. Due di questi resti, un capitello e una colonna, ci riportano indietro di più di mezzo millennio, all’epoca della presenza georgiana in questo luogo.


Anche se il passato georgiano del Convento di San Salvatore a Gerusalemme oggi è ben documentato, i resti materiali effettivi di quel periodo rimangono pochi e lontani. Completamente incastrati nella struttura di un muro, invisibili per decenni, questi resti architettonici sono apparsi per caso mentre gli architetti stavano preparando la demolizione del muro.

Il riutilizzo di questi materiali in una costruzione più recente potrebbe testimoniare una preoccupazione di tipo economico, e attualmente questa scoperta rimane solo il secondo caso conosciuto di riutilizzo. Sia perché gli altri resti erano considerati troppo danneggiati per essere riusati, o semplicemente perché si era preferito costruire da zero. Proprio per questa unicità la scoperta è tanto più preziosa (e forse si potrebbe parlare di un incidente?) nella storia dell’edificio.

Come sono stati identificati questi resti?

Le ricerche effettuate da padre Eugenio Alliata, direttore della sezione archeologica del Terra Sancta Museum, attribuiscono al capitello e alla base della colonna un’origine architettonica georgiana, e più precisamente ecclesiastica.

Il primo e più sorprendente indizio rimane la croce scolpita su due lati opposti del capitello. Tipicamente georgiano, si trova sulla bandiera nazionale georgiana dal 2004 e si dice che abbia avuto origine nel Sion di Bolnissi, una chiesa georgiana del V secolo. Questa stessa croce è visibile anche in un altro luogo di San Salvatore: il cortile di Sant’Elena, dove è possibile osservare un altro esempio del riutilizzo di pietra scolpita, che adorna le sommità delle finestre.

A questo punto, per avere un’idea dell’edificio preciso a cui appartenevano questi resti, è necessario ricordare la precedente presenza della chiesa georgiana di San Giovanni Evangelista, all’incirca nello stesso luogo del muro caduto. Tuttavia, dobbiamo fare attenzione, perché anche se l’ipotesi di questa chiesa come luogo di origine di questi resti è la più probabile, non si deve dimenticare che all’epoca c’erano molte altre chiese georgiane nella zona.

Tuttavia, anche se il luogo esatto non può essere determinato, un elemento conferma l’ipotesi di un’origine ecclesiastica. Infatti, su ogni lato del capitello e della base della colonna, c’è una tacca in cui era possibile inserire un altro elemento architettonico. Dopo il confronto con altri edifici ortodossi, si è visto che lo stesso tipo di intaglio si trova nelle colonne del templon e dell’iconostasi, strutture architettoniche che separano il bema (la zona che ospita l’altare) dal resto della chiesa.

Gli elementi incassati sono lastre di pietra o di marmo che formano una balaustra alla base e una trabeazione in cima.

Cosa si può dire sull’età di questi resti?

La datazione di questi pezzi archeologici è meno precisa. Seguendo l’evoluzione conosciuta di queste strutture che separano il bema (che ricorda i recinti del coro occidentale), si può fare una stima. Sappiamo che le prime balaustre o colonne sono attestate già nel IV secolo, ma queste separavano il bema solo a metà altezza. Non fu che nel VI-VII secolo che iniziò la prima monumentalizzazione di queste strutture, all’altezza della porta d’ingresso del bema.

La monumentalizzazione totale della struttura e l’apparizione delle trabeazioni si ebbero tra il X e il XII secolo (si parla allora di templon), e l’ultima tappa dell’evoluzione fu raggiunta nel XVII secolo con l’installazione di icone tra le lastre della base e la trabeazione, che nascondevano completamente la visione dell’altare (l’iconostasi).

È dunque probabilmente da questa terza fase, quella dello sviluppo del tempio, che provengono questi resti. La chiesa di San Giovanni Evangelista era uno dei più antichi edifici georgiani di Gerusalemme, attestato già all’inizio dell’VIII secolo dal pellegrino armeno Anastasio. Tuttavia, la presenza di tacche sul capitello suggerisce la presenza di una trabeazione, che collocherebbe questi pezzi nel X secolo al più presto. Per quanto riguarda la sua datazione più tarda, bisogna ricordare che l’ex convento georgiano fu acquistato dai frati minori a metà del XVI secolo (1559 per essere esatti).
Il periodo scelto più precisamente da padre Alliata è quello dell’inizio del templon, dal X al XII secolo.

«La costruzione di questo museo è stata un’opportunità per la Custodia di riappropriarsi del suo patrimonio», ha detto padre Stéphane Milovitch, Direttore dei Beni Culturali della Custodia di Terra Santa [1]. Se questa affermazione si riferiva alle campagne di inventario realizzate nei santuari francescani, in occasione della creazione della collezione della sezione storica del Terra Sancta Museum, non ha meno senso nel contesto della costruzione dei suoi locali. La scoperta di questi resti medievali (che saranno in esposizione), offre infatti ai frati francescani e ai futuri visitatori del museo una nuova opportunità di riappropriarsi del proprio patrimonio (questa volta, quello del proprio luogo di residenza) e soprattutto del proprio passato. E la continuazione dei lavori strutturali sotto la chiesa di San Salvatore fa sperare che la storia non sia ancora finita…

(traduzione dal francese a cura di Eleonora Musicco)


[1] Vedi il nostro articolo: I Musei Francescani di Gerusalemme: 120 anni al servizio della storia cristiana in Terra Santa

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